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LE STORIE


Giulia, il finale della vita

Una volta, il mio padre spirituale mi ha detto che non è necessario aggiungere anni alla nostra vita ma la vita ai nostri anni. Quando ho ascoltato la storia di Giulia, morta a 14 anni per un tumore, ho capito che questa verità è quanto mai chiara nell’esistenza di chi si lascia plasmare da Dio. Chi era Giulia Gabrieli? Nata il 3 marzo 1997 a Bergamo in una famiglia normale, con un fratello che adorava. Era una ragazza semplice. Bella, solare, amava viaggiare, vestirsi bene e adorava lo shopping. Aveva il talento della scrittura (due volte premiata al concorso letterario I racconti del parco). Amava inventarsi storie fantastiche, avventurose.

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Il 1º agosto 2009, mentre la famiglia si trovava in vacanza al mare, Giulia si accorse di una tumefazione sulla mano sinistra; inizialmente i genitori considerarono la causa come una semplice puntura d’insetto, ma accorgendosi che tale sintomo non regrediva, la ragazza si sottopose ad una serie di esami. La diagnosi risultò essere quella di tumore, un sarcoma fra i più aggressivi. Giulia aveva 12 anni. Fin da subito affrontò la sua malattia con inaspettato vigore. È lei che si racconta nel suo libro: «Il fatto è che la gente ha paura della malattia, della sofferenza. Ci sono molti malati che restano soli, tutti i loro amici spariscono, spaventati. Non bisogna avere paura! Se gli altri ci stanno vicino, ci vengono accanto, ci mettono una mano sulla spalla e ci dicono “Dai che ce la fai!”, è quello che ci dà la forza di andare avanti». Non solo conosceva perfettamente la sua malattia, ma aveva imparato a distinguere ogni farmaco, ogni risvolto tecnico delle chemioterapie. Con la sua amabile ma dirompente personalità non lesinava consigli a medici e infermieri dell’Oncologia pediatrica di Bergamo.

Quando dopo un anno di lotte, il sarcoma si ripresentò in una forma più aggressiva i genitori e i medici non sapevano come comunicarlo a Giulia. Nello studio, i medici schierati avevano le lacrime agli occhi. Giulia, che, come al solito, aveva già capito tutto, con uno di quei suoi gesti spontanei e regali, si è alzata e li ha abbracciati uno per uno e ha detto: «Ce l’ho fatta una volta ad affrontare le chemio, posso farcela anche la seconda. Forza, ripartiamo da capo».

Nel suo percorso Giulia si è imbattuta nella storia di Chiara Luce Badano, morta nel 1990, a diciotto anni, per un tumore osseo e proclamata beata il 25 settembre 2010. E Dio solo sa quanto è stato provvidenziale questo incontro: «Lei è morta, però ha saputo vivere questa esperienza in modo così luminoso e solare, abbandonandosi alla volontà del Signore. Voglio imparare a seguirla, a fare quello che lei è riuscita a fare nonostante la malattia. La malattia non è stata un modo per allontanarsi dal Signore, ma per avvicinarsi a Lui…».

Giulia aveva imparato ad amare anche in modo speciale la Madonna in un primo viaggio a Medjugorje. E poi in un secondo chiesto per i suoi 14 anni, come regalo di compleanno. Al seguito un autobus di 50 persone tra amici e parenti.

Intanto la malattia avanzava rapidamente e nel Venerdì Santo del 2011, Giulia andava incontro al Signore. Il suo vescovo nella Messa esequiale invitò a «correggere» così l’eterno riposo: «L’eterna gioia donale Signore, splenda a lei la luce perpetua. Amen».

«Io ora so che la mia storia può finire solo in due modi: o, grazie a un miracolo, con la completa guarigione, che io chiedo al Signore perché ho tanti progetti da realizzare. E li vorrei realizzare proprio io. Oppure incontro al Signore, che è una bellissima cosa. Sono entrambi due bei finali. L’importante è che, come dice la beata Chiara Luce, sia fatta la volontà di Dio». Giulia era fatta così: diceva queste cose enormi, che a noi adulti sembrano impronunciabili, con la fede e la gioia dei suoi 14 anni.

LE STORIE


Suor Luisa, amare fino al martirio

I bambini di Casa Carlo piangono suor Elisa ma anche i tanti haitiani che bussavano alla sua porta trovando sorrisi, risposte e aiuti concreti. Un dono per tutti questa suora, un dono che è arrivato fino al martirio. Una suora lecchese di 65 anni, Luisa Dell’Orto, è stata uccisa il 25 giugno 2022 ad Haiti, nella capitale Port au Prince. Suor Luisa aveva 65 anni ed era una piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, missionaria ad Haiti da 20 anni. Era originaria di Lecco.

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Le consorelle della Congregazione erano partite da quel Paese tanti anni fa, ma lei non aveva mollato, è andata avanti con coraggio, passione, fermezza. Insegnava al seminario, formava i sacerdoti. E questo era un impegno fondamentale in quel Paese così difficile per i cristiani.

Una sua amica e consorella, suor Marcella sulle pagine di Tempi ha testimoniato che suor Luisa si era “dedicata a Cristo e alla Chiesa. Plasmata dal carisma di Charles de Foucauld. Forte. Volitiva ma anche schiva e umile. In tanti anni non mi ha mai chiamato Marcella o Marci ma sempre suor Marcella a sottolineare che il centro dei rapporti è la vocazione, senza sbavature”.

In quella terra, dopo il dramma del sisma del 2021, la gente vive ammassata in baraccopoli a cavallo tra Delmas 31 e Cité Soleil. «Non c’è un solo spazio per i bambini. Né per studiare né per giocare. Kay Chal è l’unica oasi dove possono incontrarsi, stare insieme, fare i compiti, vivere la loro infanzia troppo spesso rubata o ridotta in catene» aveva dichiarato suor Luisa ad Avvenire qualche anno fa. Gran parte dei piccoli del centro erano “restavek”, bambini affidate dalle famiglie della provincia a parenti o conoscenti in città nell’illusione di ricevere un’istruzione. In realtà, tutti sanno che saranno trasformati in baby-schiavi. Suor Luisa aveva dedicato anche a loro la sua vita e la sua missione.

Monsignor Mario Delpini, l’arcivescovo di Milano, afferma che la morte così cruenta di suor Luisa «parla di donne coraggiose che servono i poveri nel luogo dove c’è più bisogno, parla del fatto che non siamo e non sono avventuriere, parla del fatto che questa è la vita che il Signore ci chiede di vivere al servizio degli altri, nei posti in cui c’è più bisogno, in cui il pericolo c’è perché c’è più bisogno, non c’è avventura non c’è un’imprudenza, questa è semplicemente una vita condivisa con le persone. Allora io mi auguro che queste parole possano ritornare nel cuore di tutti, possono anche essere comprese da tutti coloro che parleranno di imprudenza, di scelte inutili, insulse. Questa non è inutilità, questa è la vita della missione alla quale il Signore ci ha chiamato, è la vita verso i poveri, è la vita protesa al servizio. Non c’è veramente servizio se non c’è un bisogno, una necessità».
Anche il Papa all’Angelus del 27 giugno ha voluto ricordarla: «Desidero esprimere la mia vicinanza ai familiari e alle consorelle di suor Luisa Dell’Orto, Piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, uccisa ieri a Port-au-Prince, capitale di Haiti. Da vent’anni suor Luisa viveva là, dedita soprattutto al servizio dei bambini di strada. Affido a Dio la sua anima e prego per il popolo haitiano, specialmente per i piccoli, perché possano avere un futuro più sereno, senza miseria e senza violenza. Suor Luisa ha fatto della sua vita un dono per gli altri fino al martirio».

Dove arriva l’amore di una donna innamorata di Gesù? Fino al martirio. Suor Luisa si è consumata per il Vangelo senza posa, vivendo pienamente la sua femminilità e la sua maternità nella vocazione alla vita consacrata. Siamo grati a Dio per la sua vita così luminosa.

LE STORIE


Carmela, le lacrime della speranza

«Io e mia sorella lo abbiamo vestito poi i dottori e gli infermieri mi hanno chiesto se volessi prenderlo in braccio. Mi sono seduta sulla poltrona e ho stretto per l’ultima volta al mio cuore Francescopio. Ho sentito un calore immenso e ho capito che mio figlio era vivo, era di nuovo dentro di me». Il lungo e dettagliato dialogo che ho avuto con Carmela, la mamma di Francescopio nato al Cielo il 27 febbraio 2018 a soli quattro anni e mezzo per un raro tumore alla colonna vertebrale, mi ha riempito il cuore di fede e di speranza.

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Sì, perché pur tra i dolori ancora così vivi, le approssimazioni nella diagnosi e nella cura di alcuni medici dell’ospedale di Napoli, le domande sul perché tante sofferenze per un bambino così piccolo e pieno di vita, emerge in questa storia come una luce il dono della preghiera e della fede che dà senso e significato a tutto. E oggi Carmela è una mamma ferita ma non disperata, trapassata dalla mancanza di quel figlio desiderato e amato ma non triste.

Nella casa dove vive con il marito e la figlia Giusy, Carmela non ha foto di suo figlio, tranne un piccolo disegno e un dipinto che le sono stati donati. Lei dice che Francescopio è vivo, è con lei specie in quel momento della giornata quando si ferma per il Rosario, la preghiera preferita del figlio e scorrendo i grani della corona sente questa missione di continuare ad amare e far amare la Vergine Maria. È stata la Vergine certamente a consolare il suo cuore di madre. Quando Francescopio era in ospedale le diceva: «L’altra mamma mi ha detto che starò bene». Carmela pensava che la Madonna volesse guarire suo figlio. Poi ha capito che le stava preannunciando che la casa di Francescopio era il Cielo.

Dal 1 dicembre 2017 al 27 febbraio 2018: appena tre mesi, questo è stato il tempo in cui Carmela ha dovuto prendere consapevolezza e coscienza che il suo bambino – quel paffuto, giocoso, innamorato tesoro che il buon Dio le aveva donato – dopo un tumore all’utero e i cicli chemioterapici, aveva una piccola missione da vivere. La conversione personale della mamma, la salvezza del matrimonio dei suoi genitori, la diffusione della preghiera del Rosario e… le tante grazie e i tanti miracoli che oggi inspiegabilmente avvengono grazie all’intercessione di Francescopio.

Quando, dopo due ore e mezzo di colloquio con Carmela, io e Sabrina, l’amica che mi ha fatto conoscere questa esperienza, andiamo via, c’è un sole alto nel cielo ma stranamente anche una pioggia sottile e delicata. Ho ripensato alle lacrime versate da questa madre speciale. Sono certa che la Vergine Maria le ha raccolte e ora con abbondanza le sparge su quanti hanno bisogno di consolazione e di speranza.